RICCARDO ILLY
Ho incontrato Riccardo Illy a Palermo, in occasione del workshop di fine marzo organizzato dal suo Gruppo spa e dedicato a prestigiosi direttori di hotel e a grandi chef della ristorazione provenienti da mezzo mondo. L'appuntamento con il presidente Illy, mi fu fissato dal dott. Francesco Sandrone - direttore commerciale Agrimontana - presso l'Antica Focacceria San Francesco durante la cena programmata dal workshop. Ricordo che, oltre a preparare una rosa di domande, cercai di procurarmi pure un po' di informazioni dirette sul carattere e la personalità dell'importante personaggio che avrei dovuto intervistare. "E' carismatico – mi risposero in coro -, è un uomo dotato di un carisma particolare".
Quando fece il suo ingresso nella gremita e fragorosa sala dell'Antica Focacceria e la folla di commensali s'ammutolì di colpo, e qualcuno addirittura d'istinto sì alzò in piedi per ossequiarlo, mentre percorreva il lungo corridoio preceduto dal cameriere che lo accompagnava verso l'unico posto libero proprio accanto al mio: compresi realmente perché lo avevano definito carismatico. Era bastata la sua semplice presenza fisica per trasformare il clima un po' disordinato e chiassoso della focacceria, in un ambiente e in una atmosfera più consona ad una cena di lavoro. E così, tra una portata e l'altra di sfincioni, arancine, panelle, caponata... e dell'ottimo vino, si è svolta la mia piacevole ed interessante conversazione con il presidente Riccardo Illy.
Come mai avete scelto la Sicilia per ospitare questo importante workshop?
Abbiamo scelto la Sicilia, perché la Sicilia è una delle più belle regioni d'Italia con un clima particolarmente accogliente soprattutto in questo periodo dell'anno. E poi perché le dimostrazioni formative programmate nella prima fase del workshop erano rivolte al mondo della gelateria e pasticceria e quindi ci è sembrato giusto rendere omaggio ad una terra mitica, patria del gelato e principale protagonista nella coltivazione delle materie prime come mandorla e pistacchio. Mio padre negli anni sessanta inviò un artigiano a formarsi in Sicilia, solo che il prodotto in Svizzera risultò troppo dolce, ma fu sufficiente correggere le quantità di zucchero per ottenere un successo straordinario.
Che ruolo ha avuto suo padre nella sua vita e nell'organizzazione dell'azienda?
Determinante. Mio padre è stato un uomo eccezionale. Era filosofo, scienziato e imprenditore e non in maniera canonica, ma nella vita di tutti i giorni: in famiglia, in azienda, con gli amici... Grazie a lui la illy ha rafforzato la vocazione per la ricerca scientifica e tecnologica iniziando preziose collaborazioni con altre imprese, istituzioni e università. Da mio padre ho ereditato l'amore per la conoscenza e la passione per cercare di migliorare sempre lo status quo e soprattutto ho interiorizzato il suo forte sentimento della giustizia e della morale. Egli amava spesso ripetere: "l'etica è la bussola del nostro comportamento".
Quali sono state le principali svolte della illycaffè?
Alla fine degli anni settanta, quando decidemmo di mettere da parte più di trenta miscele e di puntare esclusivamente sull'unico blend di caffè di alta qualità composta da nove tipi di pura Arabica: nacque così l'inconfondibile gusto illy. Un'altra decisione importante nell'84/85 fu quella di rinnovare il logo, incoraggiati dall'architetto udinese Carlo Mangani, cambiammo la "I" maiuscola del cognome - che creava un bisticcio grafico con le due "elle"- con la minuscola e originale "i" dell'attuale marchio ridisegnato nel '96 dall'artista James Rosenquist. Un'altra importante svolta è avvenuta nell'86, quando con la "Esselunga" iniziammo a vendere anche nei supermercati. Nel 2000 è stata fondata l'Università del Caffè, dove baristi, produttori di caffè e appassionati imparano l'arte e la cultura del caffè, dal chicco alla tazzina. Nel 2003 abbiamo dato vita al progetto "espressamente illy", una catena di bar all'italiana la cui formula commerciale è una sorta di franchising. Nel 2004 è nato il Gruppo illy - di cui sono presidente – con l'obiettivo di contribuire allo sviluppo di aziende in cui emerge la figura di un imprenditore che abbia sposato con passione la qualità del prodotto e la crescita aziendale. Attualmente, il Gruppo illy controlla Domori (produttore di cioccolato di alta qualità - luglio 2006), Dammann Frères (casa di the francese – marzo 2007) e Mastrojanni (azienda vinicola di Montalcino – settembre 2008). E ha una partecipazione nell'azienda Agrimontana (società leader nella produzione di prodotti di alta pasticceria tra cui marrons glacés e confetture - dicembre 2005). Quella del vino è senz'altro la sfida più difficile perché il mercato del vino è più grande del mercato del caffè, cioccolato e the messi insieme e richiede un immediato altissimo investimento di capitali.
Quali sono i "numeri" più importanti della illycaffè?
1933, l'anno in cui nonno Francesco ha fondato l'azienda; 140 sono i Paesi – in tutti e 5 i continenti – dove viene commercializzata la nostra miscela di caffè; 50.000 sono gli esercizi pubblici in cui è servito il nostro prodotto; 250 sono i locali in franchising realizzati in più di 30 Paesi; 10.000 persone ogni anno, in tutto il mondo, vengono formate dall'Università del caffè; 700 persone lavorano per il Gruppo illycaffè; 270 milioni di euro è stato il fatturato nel 2007.
Quali capacità bisogna possedere per diventare un bravo imprenditore?
Innanzitutto bisogna avere una buona dose di ottimismo; poi è necessario avere un'attitudine all' astrazione e proiezione a breve, media e lunga distanza. E poi è indispensabile saper gestire le risorse: umane, conoscitive e finanziarie. Un bravo imprenditore deve anche possedere uno spirito creativo e saper soprattutto comunicare. Il marketing strategico non vuol dire "marchettare", ma riuscire ad interpretare i bisogni della società in cui si vive. Ad un giovane imprenditore consiglierei vivamente lo studio del pensiero economico-manageriale di Peter Druker. Dall'economista austro-statunitense io ho imparato molti principi, come per esempio questo: "Una decisione se presa subito all'unanimità è quasi sempre sbagliata!".
E' d'obbligo chiederle a questo punto: cosa pensa l'imprenditore Riccardo Illy della crisi economica internazionale che stiamo vivendo?
Noi usciremo dalla crisi quando decideremo che è finita! E' la crisi economica che ha provocato quella finanziaria. E' questo stato di paura generale che ha determinato la paralisi monetaria. Negli Stati Uniti la situazione è più grave e ci vorranno almeno dieci anni per riavviare il mercato, Obama non ha la bacchetta magica per risolvere nell'immediato la recessione che si è venuta a creare in America. Noi dobbiamo innanzitutto liberarci dall'atavica sudditanza con gli USA e rinforzare invece gli investimenti in Europa e in Asia. Soprattutto il nostro settore agroalimentare ha le potenzialità per farcela agevolmente.
Mi fa piacere sentire da un imprenditore del suo calibro un giudizio così lucido e rassicurante, sicuramente controcorrente rispetto ai principali media e ai tanti addetti ai lavori che parlano della crisi economica in maniera apocalittica. Del resto, lei era già uscito fuori dal coro quando si parlava della catastrofe imminente dovuta all'invasione sul nostro mercato dei prodotti cinesi. Ha pure scritto un libro sull'argomento?
S'intitola "La rana cinese". Si tratta di una metafora davvero utile per capire l'effetto positivo che la globalizzazione, e in particolare la concorrenza cinese, ha avuto sulle imprese italiane. Nel fantasioso e sicuramente crudele esperimento della rana cinese, si prendono due rane e due pentole piene d'acqua. Si lascia cadere la prima rana in una delle pentole quando l'acqua è ancora fredda, poi si mette la pentola sul fuoco e la si porta pian piano a ebollizione. In questo caso la rana muore bollita, perché si abitua gradualmente al cambiamento di temperatura, si intorpidisce, e non si accorge quando arriva il punto di non ritorno. Nel secondo caso, invece, si porta l'acqua a ebollizione e solo allora si butta dentro la rana. Appena sfiora l'acqua bollente, la rana si scotta e istintivamente schizza via il più lontano possibile. Si ritroverà con qualche ustione e qualche ammaccatura, ma si salverà! L'invasione dei prodotti cinesi sul nostro mercato è stato fondamentalmente uno choc salutare, capace di attivare le risorse più autentiche del nostro Paese e di salvarlo dal fatale intorpidimento in cui, adattandosi al peggio, rischiava di cadere.
Presidente, lei ha dedicato una considerevole parte della sua vita all'attività politica: è stato per otto anni sindaco della sua Trieste, deputato alla Camera e presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia. Da molti opinionisti accreditati era considerato il "Tremonti" del centrosinistra. Può fare un bilancio sulla sua esperienza istituzionale e darmi una previsione sui prossimi scenari politici italiani?
Ho vissuto l'impegno politico con grande passione e ho affrontato le innumerevoli problematiche civiche e sociali con un forte spirito di servizio cercando sempre di curare gli interessi della collettività. Per adempiere a questi compiti ho trascurato anche gli interessi dell'azienda. Sulla base della mia esperienza imprenditoriale unita a quella politica avevo pure lanciato un deciso e costruttivo allarme, come si evince dalle pagine del mio ultimo libro "Così perdiamo il Nord". La sconfitta elettorale dello scorso anno ha fatto crollare le strategie che avevo preparato per continuare a valorizzare le risorse del Friuli-Venezia Giulia e incoraggiare con i fatti un modello utile per le altre regioni e per il Paese. Rispetto il giudizio dei cittadini e pertanto considero conclusa la mia entusiasmante esperienza politica.
Quali sono gli hobby preferiti di Riccardo Illy?
Mi piace molto leggere, adoro la musica classica e sono un estimatore del buon rock. Nutro un interesse particolare per l'arte moderna e soprattutto mi piace viaggiare. Quando ho la possibilità, mi piace accompagnare mia moglie durante i suoi servizi giornalistici di enogastronomia, soprattutto se va in Toscana: sono innamorato di Montalcino e del suo territorio.
Concludiamo la cena e l'intervista con il dolce: qual è la specialità siciliana che ama di più?
Sicuramente la cassata, guarnita – naturalmente – con tanta frutta candita Agrimontana!
Salvatore Farina