TOTUCCIO DI MARCO
Il grande Goethe, al termine del suo avventuroso e appassionante viaggio nella nostra penisola, sbarcando in Sicilia, venne folgorato dalla visione del paesaggio naturale e umano che gli si presentò davanti agli occhi. L'emozione ricevuta dovette essere così profonda da indurre lo scrittore tedesco ad affermare che: "l'Italia, senza la Sicilia, non lascia alcuna immagine nell'anima: qui è la chiave di tutto". Consentitemi, parlando di Bagheria, di fare il verso a Goethe: la Sicilia, senza Bagheria, non sarebbe immaginabile e resterebbe incomprensibile. In questa città, che ha dato i natali a Guttuso, alla Maraini, a Tornatore, a Scianna e a Buttitta, si trova la chiave di tutta quanta l'Isola. Quell'isola che ha sempre dovuto misteriosamente convivere con le sue più estreme contraddizioni: aristocratica e plebea, coraggiosa e vigliacca, eroica e mafiosa, allegra e melanconica, dolce e amara... Il triste e contemporaneamente gioioso ritornello di Vitti 'na crozza – la canzone simbolo della tradizione popolare siciliana – esprime in maniera straordinaria questo carattere conflittuale tutto siciliano. Ebbene: Bagheria con le sue meravigliose ville barocche e i veraci quartieri popolari; i suoi verdi agrumeti e le campagne assolate di giallo; il suo mare vicino e lontano; la sua gente generosa e riservata: è "Sicilia" allo stato puro. Nel Settecento doveva essere una sorta di Versailles palermitana, principi e duchi l'avevano, infatti, eletta a residenza estiva. Tra le tantissime regge – se ne contano più di venti! – quella più famosa ed estrosa è Villa Palagonia, meglio nota come Villa dei Mostri. Al suo interno, nel salone degli specchi e all'esterno, nel giardino sormontato dalle grottesche statue, sono stati girati numerosi film con protagonisti d'eccezione, come Alberto Sordi e Sergio Castellito. Proprio in via Palagonia, al civico 113, dove un tempo sorgeva il viale d'ingresso della storica villa, si trova oggi il Bar Ester, diventato, anno dopo anno, un locale culto per gli appassionati della pasticceria e della gelateria artigianale. La sua fama ha valicato i confini cittadini riuscendo ad imporsi nel competitivo territorio regionale.
E oggi, grazie ad internet, le sue specialità viaggiano anche nel resto d'Italia ed all'estero. Un successo guadagnato sul campo, in laboratorio: cannolo dopo cannolo, torta dopo torta. Il segreto è di non avere segreti, se non quello di adoperare sempre, oltre a eccellenti materie prime, una "sostanza speciale" che si chiama umiltà. Da oltre trent'anni, Totuccio Di Marco – contitolare e anima dell'azienda – contagia tutti i suoi collaboratori un entusiasmo straordinario utilizzando sempre, in prima persona, questo prezioso "ingrediente umano". E credetemi, se io mi soffermo, per un attimo, a rievocare i virtuosismi di lavorazione e decorazione che ho visto realizzare nel laboratorio del Bar Ester con naturalezza, posso sottoscrivere l'antico detto: "l'umiltà è la virtù dei grandi". Se nella vicina villa, i mostri sono di pietra, qui, da Totuccio i mostri sono vivi in carne ed ossa: sono mostri di bravura!
Totuccio, perché il Bar Ester si chiama "Bar Ester?"
Ester è mia suocera che oggi ha 74 anni. Nel 1970, suo marito, Rosario Notaro aprì una dolceria e gliela dedicò e poi se ne partì per l'America a lavorare sodo nelle ristorazioni. Mio suocero restò via per ben due anni, fino a quando non guadagnò i soldi necessari per pagare il locale. Durante la sua assenza, l'allora trentacinquenne Ester portò avanti coraggiosamente l'attività facendo soprattutto biscotti, vendendoli e rifornendo i panifici della zona.
E il bar e la pasticceria?
Sono nati nel 1972 con gli immancabili, allora, calciobalilla e jukebox, ma soprattutto con le prime vetrine piene di cannoli, "sfince" e "genovesi". La ricotta veniva da Camporeale, il paese di origine di mia suocera. Le scorze di cannoli friggevano dalla mattina alla sera e l'irresistibile odore che emanavano attiravano processioni di persone. Ben presto il Bar Ester divenne un importante punto di ritrovo di Bagheria. E tra gli abituali frequentatori c'ero anch'io.
Parlaci un po' di te, da dove sbuchi fuori?
Sono nato a Bagheria nel '55, ho studiato all'Alberghiero di Palermo e lavorato da giovane per la Ciga Hotels. Quando ho cominciato a frequentare il Bar Ester avevo 18 anni e venivo fuori dall'ennesima stagione di cameriere. Quell'anno ero stato al Grand Hotel di Rimini. E siccome sono sempre stato un curioso e un aspirante perfezionista, mi sono accostato via via alla cucina e alla pasticceria per soddisfare le frequenti richieste dei clienti che mi chiedevano informazioni sui piatti che servivo. Trascorrevo così molto tempo con gli chef a chiedere ragguagli sulle pietanze e non mi accontentavo, naturalmente, di conoscere solo gli ingredienti. E poi, fin da bambino ho avuto un debole per le cose belle. Come dimenticare la spettacolarità dei carrelli dei dolci del Grand Hotel di Rimini? Quando ho compreso che la vera gastronomia tende a coniugare la bontà con la bellezza, ho capito che quella doveva essere la mia strada. Al ritorno a Bagheria, il destino mi aveva dato appuntamento al Bar Ester: mi sono fidanzato con Enza Notaro che insieme alla sorella Giuseppina e al fratello Giuseppe aiutava i genitori a gestire il bar pasticceria. Mi sono aggiunto a loro. Ho affrontato con passione e con amore la difficile iniziazione alla quale mi ha sottoposto mia suocera. Lavoravo, lavoravo e lavoravo: e non me ne accorgevo. Ho iniziato a pulire le teglie. E poi piano piano... pulivo le casseruole e contemporaneamente guardavo le abili mani di Ester che si muovevano con naturalezza sul tavolo mentre impastava gli ingredienti. "Mamma Ester" è stata la mia maestra. Un'autodidatta che ha insegnato ad un altro autodidatta.
Qual è stato il momento di svolta?
Quando dopo tanto apprendistato mia suocera mi ha autorizzato a fare il pan di Spagna e la pasta frolla: una vera e propria promozione e l'importante riconoscimento a cominciare a prendere anch'io delle iniziative. Infatti, in seguito, decidemmo insieme di ampliare l'offerta dei prodotti. Ricordo che non potendoci ancora permettere la formazione andavo io personalmente a comprare lo stesso dolce nelle migliori pasticcerie di Palermo. Poi, in laboratorio, li sezionavamo e facevamo la "radiografia". Attraverso accreditati libri di ricette studiavamo nei dettagli i vari procedimenti e con i dolci campioni che avevamo davanti potevamo scegliere con criterio la personalizzazione. Ma il momento di vera svolta è stato quando sono riuscito a convincere i miei suoceri ad assumere personale specializzato. Con il loro apporto abbiamo potuto migliorare la qualità e la quantità della produzione.
Ricordi qualcuno in particolare?
Chi ha fatto la differenza e che per tanti anni è stato l'orgoglio del nostro laboratorio è stato il maestro Di Cristina. Una persona eccezionale, umanamente e professionalmente. Era un piacere vederlo lavorare. Qui, tutti abbiamo appreso qualcosa da lui: ha lasciato il segno. Mio figlio Turi, per esempio, continua a modellare e a pennellare secondo il suo stile.
E oggi, da chi è gestito il laboratorio?
Abbiamo Giacomo Terranova, un grande professionista nel cuore della sua già stimata carriera. Jack, come lo chiamano gli amici, è dotato di un sano spirito ambizioso che lo ha spinto a migliorarsi sempre di più e a confrontarsi con i migliori maestri. Ha lavorato con Luigi Biasetto, con Salvatore Cappello e con gli altri accademici siciliani. È membro dell'A.P.A.S e ha insegnato all'Alberghiero "Franca Florio Jacona" di Palermo. Attualmente, il nostro Jack viene invitato a tenere corsi di zucchero, di cioccolato e di torte moderne.
Quanti siete a lavorare e come sono gli attuali locali?
Lavoriamo a tempo pieno in ventidue. Il nucleo di base è costituito dalla mia famiglia: io, mia moglie Enza e i miei figli: Turi, Valentina e Giulia. Poi c'è mia cognata e i suoi figli: Ester e Rosario che ci vengono ad aiutare soprattutto la domenica e tutte le volte che abbiamo bisogno. E poi c'è la squadra supercollaudata che lavora con uno zelo che ti incoraggia ad andare avanti, e di questi tempi è davvero una fortuna. La sede è sempre stata qui, a due passi dalla Villa dei Mostri. Il piccolo locale originario ha subito una radicale metamorfosi, frutto di tre importanti ampliamenti. Oggi abbiamo l'opportunità di avere una moderna ed accogliente sala bar di 140 m2 con una funzionale ed elegante esposizione dei prodotti e la possibilità per i clienti di potersi sedere in una zona riservata alla consumazione ai tavoli. Dietro le quinte, comunicante con il bancone bar c'è il laboratorio, anch'esso di 140 m2. E poi disponiamo, al secondo e terzo piano, degli ambienti per i frigo, il magazzino e gli uffici.
E quali sono le specialità?
La più venduta è la cassata. Durante la settimana di Pasqua ne prepariamo in media 500, 200 per Natale e più di 1.000 il resto dell'anno. Richiestissime sono pure la torta mimosa, la crema al burro, la tortina moka...
E gli altri punti di riferimento?
Mio genero e mio figlio, Salvo Di Salvo che ha sposato mia figlia Valentina – corsi e ricorsi della storia!?– è un genio: ha un animo di artista. All'inizio quando lo vedevo modellare, istintivamente mi intromettevo suggerendo alternative, secondo la mia opinione, più valide. Ma poi alla fine, i risultati davano sempre ragione a lui. Da quando ho imparato a lasciarlo libero di esprimersi vengono fuori opere d'arte, soprattutto con il cioccolato. Mio figlio Turi, come ho già detto, ha ereditato la mano del maestro Di Cristina. Dopo la scuola alberghiera l'ho invogliato a fare qualche esperienza nella ristorazione; ha iniziato, ma dopo un po' ha mollato: il suo cuore batte qui, all'interno del Bar Ester, ed io sono contento.
E della gelateria, cosa mi dici?
La nostra esperta è Valentina. È stata avviata alla lavorazione del gelato dal nonno Rosario quando aveva ancora dodici anni. Si è rivelata subito una ragazzina prodigio, gli ottimi risultati conseguiti fin dall'inizio le hanno fatto nascere una vera e propria passione per il "freddo". Ama sperimentare e cimentarsi con tutti i gusti possibili. Ogni anno è la prima a partire per il Sigep di Rimini, desiderosa sempre di andare a conoscere e saggiare le novità. Il gelato, eccezion fatta per dicembre, lo proponiamo tutto l'anno. I gusti più richiesti sono nocciola, cioccolato, fragola, pistacchio e caffè.
Ho saputo che lo scorso anno hai aperto, in società con un amico ristoratore, una pasticceria a Londra: puoi sintetizzare il bilancio?
Da premettere che il mio amico ristoratore è titolare della catena Paradise Restaurant London e che mi ha incoraggiato tantissimo ad intraprendere questo progetto. Io avrei voluto incominciare con un'attività meno impegnativa: una piccola gelateria o una rosticceria. Ma l'invito è stato deciso e forte e così abbiamo aperto una sorta di Bar Ester 2. All'inizio le cose andavano piuttosto bene, ma in seguito la crisi economica internazionale che stiamo vivendo si è abbattuta proprio su Londra. Nel giro di pochi mesi numerosi pub hanno chiuso i battenti e lo stesso mio amico ha dovuto rinunciare ad alcuni ristoranti. E poi l'handicap di avere il laboratorio a due ore di macchina dal punto vendita è diventato, con il trascorrere del tempo, ancora più grave. Io sono stato sempre fermamente convinto che il laboratorio debba stare dentro il negozio, i clienti devono sentire il profumo provenire dai forni. E poi penso che a Londra non ci sia il culto del mangiare bene. Ho visto londinesi guardare titubanti, con aria quasi sospetta, una magnifica torta, come se fosse finta: non gli balenava assolutamente l'idea di poterla acquistare, prenderla e portarla a casa e mangiarla! Il bilancio, quindi, fino ad ora non è positivo, è molto probabile che entro la fine dell'anno chiuderò l'esperienza.
Torniamo in Sicilia: qual è la tua percentuale di ricotta e zucchero per una buona crema?
In media, 1 kg di ricotta e 500 g di zucchero. Se la ricotta è esclusivamente di latte di pecora, 1 kg di ricotta e 650 g di zucchero. Dipende dal grasso contenuto nella ricotta: più grasso c'è, più zucchero ci vuole.
Concludiamo la conversazione parlando del "cittadino–pasticciere" Totuccio Di Marco e della sua consueta disponibilità ad onorare il buon nome della Sicilia e della categoria dinanzi a certi personaggi della cultura e dello spettacolo, e soprattutto della sua sensibilità quando si tratta di contribuire alla riuscita delle cause giuste.
Il primo personaggio della cultura e dello spettacolo con il quale ho avuto e continuo ad avere cordiali contatti è Peppuccio Tornatore. Quando il grande regista torna a Bagheria, molto spesso passa spontaneamente dal Bar Ester per assaggiare qualche dolce e per respirare un po' di aria della sua città: un giorno me lo sono visto spuntare fin dentro il laboratorio. Qualche volta è successo invece di omaggiare con le nostre torte la presenza o la visita ufficiale nel territorio di grandi big, come Claudio Baglioni, Zucchero Fornaciari, Beppe Grillo e tanti altri. L'ho sempre fatto e lo faccio volentieri perché è un modo per far conoscere ed apprezzare i nostri sapori e la nostra ospitalità. Un'altra cosa – più seria!– è la partecipazione alle "cause giuste" come le hai definite tu. Tutte le volte che ho la possibilità di aiutare qualcuno che ha bisogno o di manifestare solidarietà per qualche importante evento, io ci sono e non solo con le torte. Per esempio, in questo difficile presente, non so che cosa farei per aiutare i tibetani. Nel mio piccolo ho avuto e ho il piacere di sostenere: la Missione Speranza e Carità del missionario laico Biagio Conte, che sta fornendo amorevole assistenza a centinaia di barboni palermitani; le importanti iniziative ecologiche locali del WWF; l'acquisto di un lettino per una bambina cerebrolesa della vicina Aspra... Mi emoziona contribuire con l'impegno preparando dolci, gelati, rosticceria per la riuscita delle cause giuste: troppo facile farlo solo con il denaro. L'impegno e l'amore per la bellezza sono dedicati ai ragazzi affinché imparino in fretta a dare un senso alla vita, e solo con l'esempio un gesto di civiltà è contagioso.
Salvatore Farina